Negli ultimi anni, la crescente attenzione per un’alimentazione sana ha portato ad un maggior consumo di alimenti salutari come i prodotti ittici che apportano proteine, acidi grassi polinsaturi (omega-3), vitamine e minerali nella nostra dieta.

Più della metà del pesce abitualmente consumato è prodotto in acquacoltura, che attualmente rappresenta il settore zootecnico in più rapida espansione a livello mondiale. La produzione di pesce allevato è aumentata notevolmente nel corso degli anni, e rappresenta una alternativa all’attività di pesca che a causa del calo degli stock ittici, ormai irrimediabilmente sovra-sfruttati, non è più in grado di soddisfare il fabbisogno della popolazione mondiale.

In questo contesto, l’acquacoltura si trova ora ad affrontare un’importante sfida rappresentata dall’aumento della richiesta di prodotti ittici per soddisfare una popolazione mondiale che si stima raggiungerà i 9.7 miliardi di persone entro il 2050. Tuttavia, se da un lato il settore dell’acquacoltura ha il potenziale per espandersi ulteriormente, dall’altro un aumento della produttività mette in evidenza una serie di problematiche ambientali legate allo sfruttamento degli habitat e delle risorse naturali.

Per garantire una maggior produzione di pesce a lungo termine è quindi necessario intraprendere un percorso che rispetti i principi di sostenibilità e responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei consumatori. In questo contesto, si parla di sfruttamento sostenibile quando il prelievo di una risorsa avviene in modo da non compromettere la sua capacità di rigenerarsi, permettendo così di tramandarla intatta alle generazioni successive.

Uno degli aspetti più critici, in questo senso, è la scelta delle materie prime da utilizzare per l’alimentazione delle specie allevate. La qualità del pesce che portiamo a tavola e tutti i nutrienti che assumiamo grazie ad esso, dipendono essenzialmente da ciò che il pesce ha mangiato durante la sua vita. Il problema è quindi legato alle caratteristiche intrinseche della maggior parte delle specie ittiche allevate, che essendo per loro stessa natura carnivore, hanno bisogno di assumere prioritariamente proteine e grassi di origine animale.

Fino a pochi anni fa, la quasi totalità dei mangimi era basata su due ingredienti principali: la farina e l’olio di pesce (fonti proteiche di elevata qualità e di acidi grassi polinsaturi). Questi due ingredienti derivano per lo più dalla lavorazione di piccoli pesci pelagici pescati e non destinati al consumo diretto da parte dell’uomo.

Come già accennato, le popolazioni ittiche da cui si ricavano queste materie prime è sottoposta a una forte pressione di pesca per cui il loro utilizzo prolungato nel tempo, come componenti principali nei mangimi, ha danneggiato e danneggerà ulteriormente gli stock ittici naturali contrapponendosi ad ogni principio di sviluppo sostenibile.

Da tutte queste considerazioni emerge la necessità di formulare delle diete equilibrate per i pesci allevati, ma utilizzando delle fonti proteiche e lipidiche alternative e potenzialmente rinnovabili nel breve periodo.

La ricerca degli ultimi anni si è concentrata in particolare su alcuni ingredienti alternativi tra cui le farine e gli oli di origine vegetale (ad esempio soia, colza, lupino, glutine di mais), le farine provenienti dai sottoprodotti della macellazione (specialmente del pollame) e più recentemente le farine d’insetto. Gli studi comparativi condotti fino ad ora hanno descritto i pro e i contro dell’utilizzo di queste materie prime mettendo in particolare evidenza le sia le qualità nutrizionali che i vantaggi produttivi delle farine d’insetto. La Commissione Europea, di recente, ha consentito l’utilizzo di sette specie di insetti per produrre farine proteiche da destinare all’acquacoltura (Reg. (UE) 2017/893) Tra le specie autorizzate, la mosca soldato nera (Hermetia illucens; Diptera Stratiomyidae) rappresenta indubbiamente una delle specie più promettenti in quanto le sue larve sono in grado di convertire grandi quantità di prodotti di scarto delle filiere agroalimentari in preziosi nutrienti (lipidi e proteine), hanno un breve un ciclo di vita, hanno limitate necessità di acqua e di spazio di allevamento e le loro lettiere (escrementi di larve a alimento non consumato) possono essere utilizzati come fertilizzante organico in un ottica di economia circolare. La qualità dell’alimento che viene utilizzato per la crescita degli insetti, inoltre, influenza la loro composizione nutrizionale (lipidi e proteine), le prestazioni larvali (ciclo di vita, peso e mortalità) e la loro efficienza di bioconversione della materia organica.

Tuttavia, l’utilizzo di nuovi ingredienti per i mangimi in acquacoltura deve considerare non solo il vantaggio ecologico in essi intrinseco, ma anche il benessere del pesce e la qualità del prodotto finale. Per tali ragioni gli studi futuri dovranno ottenere quante più informazioni possibili per indirizzare al corretto utilizzo di queste risorse necessarie per un ulteriore sviluppo consapevole e sostenibile del settore dell’acquacoltura.